Depressione post-parto | SantéPsy.ch

Diventare genitori comporta dei cambiamenti importanti, talvolta fonte di tensioni e stress. Capita anche che i neogenitori possano sentirsi tristi e avere la sensazione di non riuscire a far fronte alla situazione. A volte questi sentimenti sono così forti che possono portare all’esaurimento o sfociare in una depressione. È importante parlarne e chiedere aiuto, a una persona di fiducia o un/a professionista, prima di raggiungere il limite.

 

Prendersi cura di sé, significa anche prendersi cura dei propri figli.

I seguenti numeri di aiuto e di emergenza sono raggiungibili 24 ore su 24:

Depressione post-parto

Nei giorni che seguono il parto, molte donne vivono una condizione piuttosto comune chiamata «baby blues», caratterizzata da sentimenti di tristezza e preoccupazione. Questo disturbo transitorio è dovuto principalmente ai cambiamenti ormonali e di solito scompare nel giro di poco tempo.
Se però i sintomi durano più di due settimane, potrebbe trattarsi di un segnale di depressione post-parto. Questo tipo di depressione, che interessa soprattutto le donne, può anche colpire gli uomini. Il genitore prova una tristezza continua, ansia, paura, senso di inadeguatezza e di colpa, sente di non essere all’altezza delle responsabilità che lo aspettano. La vergogna e la paura di essere giudicato come un «cattivo genitore» impediscono spesso di cercare aiuto.
È vero che spesso la società vede l’arrivo di un/a bebé come un evento talmente lieto da non considerare affatto la possibilità che i neogenitori possano anche non stare bene. La realtà, però, è un’altra. Ci vuole tempo per adattarsi al nuovo ruolo di genitore ed è bene ricordare che genitore non si nasce, né che esiste il «genitore perfetto». La depressione post-parto può causare molta sofferenza sia a chi ne soffre, sia alla famiglia e avere conseguenze anche gravi. Per questo è importante riconoscere i primi segnali e osare parlarne.

I segnali che possono destare preoccupazione:

  • Provare spesso sentimenti di tristezza, disperazione o disinteresse per attività solitamente considerate piacevoli.
  • Piangere spesso.
  • Sentirsi privi di energia e/o motivazione.
  • Avere problemi di memoria o di concentrazione, avere problemi a prendere delle decisioni.
  • Avere l’impressione che il sonno non sia veramente riposante.
  • Avere tendenza a svalorizzarsi, provare sensi di colpa.
  • Avere difficoltà a identificarsi quale genitore del/la proprio/a figlio/a.
  • Considerarsi un «cattivo genitore», incompetente.
  • Preoccuparsi costantemente e senza motivo oggettivo per il/la proprio/a figlio/a o per se stessi.
  • Sentirsi disperati riguardo al futuro e non nutrire più speranza.

Se si riconoscono in se stessi o in una persona cara uno o più sintomi della lista, è importante non restare soli! Parlarne con il/la partner o con una persona vicina e contattare un/a professionista di fiducia (medico di famiglia, levatrice, ginecologo/a, infermiere/a del consultorio genitore-bambino, pediatra, psicologo/a, ecc.) è il primo passo. I/Le professionisti/e valuteranno la situazione e forniranno sostegno per affrontare questo periodo difficile. Se necessario potranno attivare una rete di supporto e indirizzare verso uno/a specialista.

Burnout (esaurimento) genitoriale

Un’altra grave condizione, purtroppo poco conosciuta e sotto-diagnosticata, è il burnout genitoriale. Insorge quando mamma e papà sono esposti a un forte stress dovuto al loro ruolo di genitori. Si manifesta principalmente sotto forma di un esaurimento emotivo e di una continua stanchezza fisica. Può avere gravi conseguenze sulla salute mentale e fisica dei genitori, ma anche dei/delle bambini/e. Come per la depressione post-parto, anche questa problematica resta un tabù. Molti genitori si sentono in colpa a riconoscere di avere delle difficoltà o hanno paura di essere giudicati come «cattivi genitori».

I segnali che possono destare preoccupazione:

  • Sentirsi esausto/a nel proprio ruolo di genitore: sensazione di non farcela più, di non riuscire a pensare lucidamente e/o di stanchezza fisica.
  • Provare una distanza emotiva dal/la bambino/a, avere meno energia per lui/lei.
  • Ritenere che il proprio modello o ideale di genitore non corrisponda alla propria realtà genitoriale (si veda anche il capitolo «Ogni famiglia è unica»).
  • Sentirsi sopraffatto/a e non riuscire più a provare piacere nel ruolo di genitore.
  • Perdere la calma più spesso del solito.
  • Indebolimento della propria autostima come genitore.
  • Alcuni compiti della vita quotidiana, soprattutto quelli relativi al/la bambino/a, sembrano impossibili da realizzare.
  • Disturbi del sonno.
  • Cambiare frequentemente umore.

Se si riconoscono in sé o in una persona cara uno o più sintomi della lista, sarebbe opportuno reagire e chiedere aiuto tempestivamente. È importante poterne parlare con il/la partner o con una persona di fiducia. In caso di bisogno, anche i/le professionisti/e (medico, levatrice, ginecologo/a, infermiere/a del consultorio genitore-bambino, pediatra, psicologo/a, ecc.) sono a disposizione per fornire sostegno.

Sindrome del bambino scosso

La sindrome del/la bambino/a scosso/a si verifica quando una persona adulta scuote un/a bambino/a, solitamente perché non ne sopporta più i pianti. Questa sindrome provoca gravi lesioni al cervello del/la bambino/a. Nei casi più gravi si può arrivare alla morte. Sentirsi esasperati dal pianto di un/a bambino/a è umano, ma scuoterlo/a è molto pericoloso ed è una forma grave di maltrattamento.

Alcuni gesti possono aiutare a calmare un/a bambino/a che piange. Ad esempio:

  • attivare dei suoni che ricordano il ronzio costante nel grembo materno (per esempio un asciugacapelli, un aspirapolvere);
  • mettere il/la bambino/a sul fianco sinistro per facilitare la digestione;
  • avvolgere il/la bambino/a in una coperta per farlo/a sentire al sicuro;
  • dondolarlo/a dolcemente su una sedia o un’altalena.

Se, nonostante i tentativi, il/la bambino/a è inconsolabile e il genitore sente di non poter più sopportare il suo pianto, è consigliabile adagiarlo/la in un luogo sicuro e allontanarsi per qualche minuto, in modo da non più sentire il pianto per un attimo e ritrovare la calma. Se si ha la possibilità, si può chiedere un cambio e/o aiuto a una persona di fiducia.

È importante parlarne con il/la partner, con la famiglia o con qualcuno della propria cerchia di amicizie e chiedere aiuto se si ha la sensazione di aver raggiunto il limite.

Informazioni e approfondimenti

Trovate tutte le nostre risorse qui

Baby blues e depressione post-parto – Associazione Nascere Bene Ticino

Bebé a bordo – Screening precoce, prevenzione e presa a carico dei disturbi perinatali

Infosocialità, Dipartimento della sanità e della socialità del Cantone Ticino

Servizio medico-psicologico, Organizzazione sociopsichiatrica cantonale

Progetto « Bebé a bordo », Organizzazione sociopsichiatrica cantonale

Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani, Dipartimento della sanità e della socialità del Cantone Ticino

Trauma da scuotimento – Fondazione della Svizzera italiana per l’Aiuto, il Sostegno e la Protezione dell’Infanzia (Aspi)

Baby blues, cos’è e perché è diverso dalla depressione post-partum – La Stampa

Intervista di un/a esperto/a

Testimonianze di genitori